San Berillo, tutta la verità sul quartiere "a luci rosse" di Catania

Conosci la vera storia del quartiere di San Berillo? Se vuoi, scoprila attraverso questo racconto

A cura di Simona Lo Certo
29 aprile 2024 02:00
San Berillo, tutta la verità sul quartiere "a luci rosse" di Catania
Condividi

San Berillo, un quartiere insolito a Catania

Sono tante le storie che girano ancora oggi su San Berillo, uno dei quartieri pittoreschi di Catania; ma forse solo poche possiedono un fondo di verità, impregnate (purtroppo!) di falsi miti e di qualche stereotipo.

In realtà, San Berillo è altro, è un luogo di cultura, di storia e di vite che raccontano esperienze personali, forme di sopravvivenza ad una quotidianità che non è sempre stata facile da vivere e da affrontare, ma facente comunque parte del vasto e vario tessuto sociale catanese.

Ancora oggi, si è soliti associare la zona di San Berillo alle storie di prostituzione, di degrado e di povertà che hanno alimentato e fondato le continue dicerie sulla sua vocazione di quartiere “a luci rosse”, da evitare come la peste.

E sono proprio queste voci che, nel tempo, hanno spinto molti catanesi e altrettanti turisti a mantenere le distanze da queste viuzze centrali e a fare lunghi giri pur di non attraversarle per timore di incappare in qualche brutta avventura.

Come si dice a Catania, però, “ogni lasciata è perduta”, visto che queste vie sono un pezzo storico molto importante del capoluogo etneo.

Certe voci circolano ancora, ma sai la vera storia di San Berillo? Scoprila qui di seguito.

La vera storia del quartiere “a luci rosse” di Catania

San Berillo è uno dei quartieri più iconici di Catania, la cui storia risale all’inizio del 1700, quando cominciò a prendere forma al di fuori del tracciato urbano delineato dal Duca di Camastra, in seguito al disastroso terremoto del 1693 che devastò l’intera città.

Quest’area si estendeva dal cuore tardobarocco di Catania, la via Etnea, fino al mare, al di là delle mura cinquecentesche di Carlo V.

Inizialmente, il quartiere era abitato principalmente da persone provenienti dai dintorni della città, coinvolte nella ricostruzione post-terremoto e ospitava anche istituzioni caritatevoli come orfanotrofi e case per i più bisognosi, costruite dalle famiglie nobili catanesi come forma di assistenza sociale.

Con il passare del tempo, il quartiere si sviluppò ulteriormente, con la costruzione di nuovi edifici su maglie ortogonali regolari, specialmente dopo la costruzione della ferrovia e la sua connessione con il porto nel 1867. Questo evento fu cruciale per lo sviluppo economico e urbanistico del quartiere, sebbene presentasse anche sfide nella sua integrazione con il resto della città in rapida espansione.

La presenza della ferrovia sulla costa e delle fabbriche di zolfo nelle vicinanze stimolò l’edilizia e l’espansione urbana verso il mare. Tuttavia, la crisi dell’industria zolfifera all’inizio del XX secolo portò a una trasformazione delle attività economiche nel quartiere, con la conversione di molti edifici in depositi per le industrie agroalimentari e botteghe artigiane specializzate.

Nel 1950, il Consiglio comunale di Catania approvò un ambizioso progetto di demolizione e ricostruzione del quartiere, affidato a una società legata al Vaticano. Questo portò alla deportazione di migliaia di persone e alla demolizione di una vasta area, con conseguenze economiche e sociali significative per la comunità locale.

Nonostante gli sforzi di ricostruzione, il quartiere perse gradualmente la sua identità storica e economica, diventando noto come il quartiere “clandestino” a luci rosse di Catania dopo la chiusura delle case chiuse con l’entrata in vigore della legge Merlin.

San Berillo, il quartiere dalle molteplici sfaccettature, conobbe un’altra fase della sua storia negli anni novanta, quando venne soprannominato “Il regno” dai suoi frequentatori. Questo soprannome sottolineava la sua natura di entità autonoma rispetto al resto della città, quasi un porto franco con una morale propria. Era un luogo unico, dove sporcizia, degrado, sfruttamento e violenza coesistevano ogni notte, quando le porte si spalancavano e centinaia di uomini si riversavano nei suoi vicoli stretti e decadenti. Tuttavia, nel 2000, una retata svuotò le viuzze e le casupole del quartiere, abbattendo “il regno”, ma non chi, legato al luogo, ritornò lì dopo poco tempo.

Oggi sono tantissime le iniziative a vantaggio di San Berillo e della rivalutazione dei suoi mille volti.

Catanesi a servizio di San Berillo

Nel tempo, tantissimi catanesi hanno sentito l’esigenza di ridare luce a questa parte della città e conferirle quel giusto valore che molti non le sanno ancora attribuire.

Ogni giorno moltissimi volontari si ingegnano per sviluppare iniziative a beneficio del quartiere e delle persone che lo vivono a 360°. Basti pensare alle associazioni Comitato Cittadini Attivi San Berillo, l’Associazione Culturale Panvision, Museo Reba, l’Associazione Culturale Trame di Quartiere e a tutti coloro che hanno offerto il loro contributo, utilizzando il potere dei mass media, della cultura e della creatività e dando vita a veri e propri eventi che hanno coinvolto tutta la cittadinanza.

Ogni iniziativa ha dato voce alle mille storie di chi vive la quotidianità di San Berillo e ancora oggi è costretto ad affrontare le numerose problematiche sociali. È grazie a loro però che questa parte di Catania è ancora visibile e oggi più che mai vivibile e che spinge a cogliere l’occasione per attraversare una volta per tutte le sue magnifiche viuzze.

Ti è piaciuto questo articolo? Seguici...

Via Newsletter

Niente spam, solo notizie interessanti. Proseguendo accetti la Privacy Policy.

Sui Canali Social